domenica 8 giugno 2014

L'autostrada della vita: lettera di un alunno di terza media




Ho sempre pensato che per aiutarsi a capire qualsiasi cosa sia un buon metodo fare delle metafore. Applico questa mia idea in tante cose quotidiane, come quando aiuto mia sorella a studiare e lei non comprende una frase o un concetto, oppure quando studio io, per aiutarmi a ricordare, e da qualche tempo anche per capire la religione. Penso che fino ad ora questo metodo mi abbia sempre aiutato in qualsiasi cosa io lo abbia utilizzato, ma mai come quando cerco di comprendere la religione, una delle cose più difficili da capire che io conosca. 

Venerdì scorso, durante l’ora di religione, abbiamo letto una parte del discorso di Papa Francesco all’Incontro con le Scuole, e leggendolo ho trovato la frase che mi ha fatto pensare, “La scuola non è un parcheggio”, leggendola, ho pensato alla scuola come un’area di servizio lungo l’autostrada della vita. L’autostrada, un luogo controverso, visto come un collegamento da molti, ma anche un luogo pericoloso, non per i neopatentati, un luogo che ti forgia, nella conoscenza e nella sicurezza. Quando ho immaginato la nostra vita come un lungo viaggio in autostrada, diretti verso Dio, ho cercato di pensare ai lati “positivi” di questo luogo, più di tutti al collegamento: ogni persona deve compiere questo viaggio per arrivare dal Signore “nel modo giusto”, pronto.


Questo non significa che il viaggio debba essere per forza lungo: abbiamo dei beati e dei santi come Chiara Luce Badano e San Domenico Savio (rispettivamente morti a 17 e 14 anni) che testimoniano chiaramente che se durante questo viaggio si accumulano abbastanza esperienze e “si sta al gioco di Dio” (come diceva Chiara Luce), si può arrivare dal Padre pronti in poco tempo.


Io, dopo aver avuto questa idea, ho continuato a pensarci, fino a che sono arrivato alla conclusione che l’autostrada può essere associata alla vita, perché quasi ogni fenomeno che si verifica in essa può essere collegato ad un evento importante della nostra esistenza.

Molte parti compongono questa magica autostrada e molte parti compongono la vita. I caselli, per esempio, rappresentano i “passaggi” che noi oltrepassiamo durante il corso della nostra vita, ma per poterli oltrepassare serve pagare un prezzo, più o meno alto: la nascita, il passaggio dalle elementari alle medie, la laurea, l’entrata nel mondo del lavoro, ma quello che ci costa in assoluto di più, è quello più temuto, quello della morte, che in realtà ci porta verso la felicità eterna (se abbiamo “giocato bene le nostre carte”), della quale non bisogna avere paura, anzi, bisogna prepararsi durante questo viaggio.


Un'altra parte importante di questa autostrada sono le scuole: aree di servizio più o meno grandi, più o meno affollate, che ci costano sempre più impegno, in progressione. In queste aree di servizio ci si carica di esperienze e si conoscono nuove persone, maestri, compagni e amici, e questi ultimi costituiranno una parte importantissima della vita anche dopo la fine delle scuole, perché se sono amici veri, lo saranno per sempre, insieme a Gesù, naturalmente. 

Le aree di servizio sono importanti perché ci preparano ad affrontare tranquilli il resto del viaggio, perché dopo la fine delle scuole si ha ancora davanti buona parte della vita. Senza di esse non si hanno le conoscenze adatte per trovare un posto nel mondo del lavoro, in un mondo dove, anche se i soldi non danno la felicità, aiutano a vivere in modo tranquillo.


Uno dei problemi dell’autostrada è, naturalmente, la sicurezza che non è mai abbastanza, infatti ogni giorno si sente di morti avvenute a causa di incidenti. Io questi tristi fatti li ho immaginati come un’ interruzione prematura del viaggio, ma che comunque ha risvolti che variano da come avevi affrontato il viaggio fino ad ora ed di come ne hai affrontato la fine. Se sei un “buon viaggiatore” e sei pronto di arrivare Lassù, allora avrà risvolti positivi, e sarà come se tu avessi oltrepassato il cancello più temuto, mentre se non chiedi perdono sinceramente per quello che hai fatto, questo fatto avrà probabilmente risvolti negativi.


I momenti di “traffico” rappresentano la tristezza, una crisi depressiva, perché sono momenti in cui la vita rallenta e sembra diventare monotona, durante la quale niente sembra avere senso, e si desidera solo sbloccarsi e ripartire a tutta velocità, senza rimanere “ingolfati” mai più. Invece un viaggio solitario, compiuto in modo molto veloce, è come prendere la vita alla leggere, e fare quello che si pare senza rispettare nessuno e senza avere troppi contatti con gli altri. Il “viaggio perfetto”, per me è come quando in autostrada c’è il cosiddetto “traffico scorrevole”, una situazione con un po’ di macchine, che procedono ad una velocità media, insieme, senza che uno si stacchi dal gruppo, per prendere una strada diversa dalle altre. Se non è il viaggio perfetto, almeno questa è la vita che vorrei vivere io.

Lettera di un ragazzo di terza media

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