AMICIZIA
Per gli antichi,
ci ricorda Lewis, l'amicizia era il più felice e il più completo degli affetti
umani, coronamento della vita, e scuola di virtù. Il mondo moderno, in
confronto, l'ignora, almeno nel senso che intendevano Aristotele e Cicerone.
Questo accade perché l'amicizia è – ma non in senso peggiorativo – il meno
naturale degli affetti, il meno istintivo, organico, biologico, gregario e indispensabile.
Qui i nostri nervi c'entrano ben poco; in questo sentimento non c'è nulla di
tenebroso: nulla che faccia accelerare il polso, o arrossire, o sbiancare. E'
semplicemente un rapporto che si stabilisce tra individui. Quando due persone
diventano amiche, significa che esse si sono allontanate insieme dal gregge.
Senza l'eros nessuno di noi sarebbe stato generato, e senza l'affetto nessuno
di noi avrebbe ricevuto un'educazione; al contrario si può vivere e riprodursi
anche senza l'amicizia. Essa, dal punto di vista biologico, non è affatto
indispensabile per la specie.
Il branco, il
gregge, la comunità, possono persino nutrire, nei suoi riguardi, avversione e
sfiducia, e ancor più facilmente i suoi capi: presidi, superiori di comunità
religiose, colonnelli e capitani di vascello, possono disapprovare il formarsi
di autentiche e profonde amicizie che dividono i loro sottoposti in piccoli
gruppi… Dire: "questi sono miei amici" lascia sottintendere:
"questi non lo sono". Chi concorda con noi sul fatto che una certa
questione, dagli altri considerata secondaria, è invece della massima
importanza, potrà essere nostro amico. Non è necessario invece che egli sia
d'accordo sulla risposta da dare al problema…
Gli innamorati si
interrogano continuamente sul loro amore; gli amici non parlano quasi mai della
loro amicizia. Gli innamorati stanno quasi tutto il tempo faccia a faccia; gli
amici, fianco a fianco, assorti in qualche interesse comune. Ma, soprattutto,
l'eros (finché dura) lega necessariamente due sole persone. Il due, invece,
lungi dall'essere il numero distintivo dell'amicizia, non è nemmeno il più
congeniale a questo tipo di legame…
Da ciò – conclude
Lewis – consegue che l'amicizia è il meno geloso degli affetti. Due amici sono
ben lieti che a loro se ne unisca un terzo, e tre che a loro se ne unisca un
quarto, a patto che il nuovo venuto abbia le carte in regola per essere un vero
amico. Essi potranno allora dire, come le anime beate in Dante, di Dante
stesso: "Ecco che crescerà li nostri amori", perché in questo amore
"condividere non significa perdere".
E questo è ciò
che separa l'amicizia dal cameratismo, che ne è solo la matrice, ma che è
matrice anche di altri comportamenti (come l'associazione in gang o bande). Il
cameratismo è fondato sul fare insieme, l'amicizia sul sentire insieme, non
nell'avere necessariamente le stesse opinioni (qui sbagliava Cicerone), ma nel
sentire, nel provare la medesima importanza per le medesime cose, e spesso in
questo nel differenziarsi dal resto dell'umanità. Gli amici, a differenza degli
innamorati, non si guardano negli occhi, ma stanno l'uno al fianco dell'altro.
Gli amici condividono l'importanza di una stessa verità: senza della quale non
ci sarebbe amicizia perché non ci sarebbe niente da condividere. Questa condivisione
è condivisione di una intimità. Per questo è difficile tra un uomo e una donna.
Non dico che sia impossibile ma dico che l'amicizia tra uomo e donna sconfina
nell'innamoramento, a meno che i due non siano già impegnati e fermamente
convinti a tenere fede a questo loro impegno; ma viceversa l'innamoramento, che
può sorgere anche al di fuori dell'amicizia, per la sua natura di relazione
intima prima o poi si approfondisce in una vera e propria amicizia con cui però
non va a confondersi.
Ma l'amicizia non
è nemmeno socievolezza, poiché essa infatti non è condizionata dal bisogno di
sentirsi necessaria, come accade invece all'affetto: è amore di apprezzamento.
L'amicizia è
questione di personalità nude: non si chiede a un amico se la sua famiglia è ricca,
o se è povero, se è impegnato sentimentalmente o no, non si sente la necessità
di qualifiche (come accade nella banda dove c'è il capo, il braccio destro,
ecc.). Non c'è dovere di essere amico di qualcuno e nessuno ha questo dovere
nei nostri confronti; l'amicizia è superflua, non ha valore ai fini della
sopravivenza, è invece qualcosa che dà valore all'esistenza. E' amore di
apprezzamento, perché quello che conta nell'amicizia è il piacere di una
presenza, è camminare insieme, scoprendo che l'amico supera con noi tutte le
difficoltà che incontriamo, e questo approfondisce la nostra fiducia: con
l'amico viene alla luce il nostro lato migliore. E' questa l'amicizia che
spiace ai potenti: i quali non vogliono amici, ma compagni, persone prive di
una loro sfera privata, invase dal rumore, spinte a socializzare (cioè a fare
cose insieme, ma non a pensare sulle medesime cose). Se accadesse, vivremmo in
un mondo apparentemente privo di pericoli, ma completamente asservito, un mondo
apparentemente magico, ma senza magia, senza gioia, senza felicità…
(tratto da
www.culturacattolica.it)
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